

Ossario sulla cima del Grappa foto personale di Andrea Romani
Il Grappa, coi suoi aspri versanti e le sue numerose vette ha segnato la storia della Prima Guerra
Mondiale. Fronte cruciale dopo la rotta di Caporetto del 1917 divenne teatro della svolta delle sorti
del conflitto. La resistenza dell’esercito italiano costrinse l’Impero Austro-Ungarico a rinforzare qui le sue
truppe indebolendo così le posizioni sul Piave che cedettero nel 1918 durante la Battaglia di Vittorio
Veneto. Numerose le testimonianze e le ferite che il conflitto ha lasciato alla montagna, importanti da
preservare per salvaguardare la memoria di quei tragici fatti. A Cima Grappa il Sacrario Militare ospita
le spoglie di quasi 23.000 soldati di entrambi gli schieramenti. Adiacenti all’ Ossario del Grappa,
troviamo la Galleria Vittorio Emanuele III (capolavoro di ingegneria militare) ed il Museo, che
contiene numerosi cimeli, armi, testimonianze dirette dalle trincee dei soldati e gli incitamenti di
Cadorna ai suoi uomini , nonché il discorso rivolto agli stessi da parte di Vittorio Emanuele III .
Numerose le trincee restaurate per il centenario della Grande Guerra che si trovano in tutti i settori del Massiccio del
Grappa nonché i cimiteri ed i monumenti sparsi lungo tutta la pedemontana ed oltre.
Per chi volesse, lascio il sito da consultare da dove ho ripreso queste notizie
https://www.vivereilgrappa.it/it/massiccio-del-grappa.htm
Un po’ di storia
Il Monte Pertica non è certo imponente. A malapena si scorge, alto 1500 metri a nord ovest di cima Grappa, e si raggiunge facilmente, con pochi minuti di auto dal Rifugio Bassano, e una breve camminata. Un tragitto che non riserva alcuna emozione particolare, se non una vista straordinaria che nei giorni più limpidi spazia dal versante orientale dell’Altopiano di Asiago, appena al di là della vallata del Brenta, ai Lagorai e alle Vette Feltrine. Eppure, questo rilievo dall’apparenza così anonima fu uno dei campi di battaglia più sanguinosi della prima guerra mondiale. Alla fine di novembre del 1917, subito dopo Caporetto, le truppe austriache lo occuparono improvvisamente. Come Monte Tomba, a est, o l’Asolone, a sud ovest, il Pertica divenne la chiave per decidere chi avrebbe vinto la battaglia per il Grappa: se gli austriaci fossero riusciti a occupare tutto il massiccio, sarebbero sbucati alle spalle di ciò che restava delle armate italiane battute sull’Isonzo e che stavano ora tenendo disperatamente la linea del Piave. Fu così che migliaia di uomini morirono per il possesso di quelle poche decine di metri quadrati. Gli alpini del Monte Rosa e gli Schützen del 3° reggimento di Graz persero e ripresero più volte il monte nel corso di una serie di mischie furibonde e spesso all’arma bianca: alla fine, il monte restò in mano austriaca, anche se metà degli uomini che l’avevano conquistato il primo giorno di combattimenti giaceva ora morto tutto intorno o (con un po’ di fortuna) ferito in qualche ospedale da campo. La pessima nomea del Pertica non si sarebbe smentita nei mesi seguenti: divenne ben presto un settore famigerato tra i combattenti di tutti e due gli eserciti, impegnati in una logorante battaglia di posizione tra postazioni spesso distanti solo poche decine di metri, il punto più avanzato di quella lunga trincea ininterrotta che correva attraverso tutto l’Altopiano dei Sette Comuni, scavalcava il canale del Brenta e arrivava al Grappa su cui si stava decidendo molto dei destini della guerra. Infine, quando la guerra fu vinta e la mitografia ufficiale cominciò a darsi da fare per celebrare gli eroi e i luoghi epici della grande prova nazionale, il monte divenne «sacro»: «Monte Grappa tu sei la mia patria», come cantava la canzone del tronfio generale De Bono.
Qui la guerra sembra aver costruito più di quanto abbia distrutto. La Strada Cadorna tra Romano d’Ezzelino e Cima Grappa ne è un buon esempio. Fu portata a termine nei primi giorni di ottobre del 1917, e nonostante i tempi rapidi (eccezionali, se si pensa che si dovette solcare il monte con una serie di tornanti e perforare pareti di roccia viva) venne realizzata così bene da costituire ancora oggi la principale via di accesso dalla pianura. Non passeranno nemmeno poche settimane dalla sua inaugurazione che sulla cima del Grappa (o, meglio, sotto la cima) verranno iniziati i cantieri di quel labirinto sotterraneo noto come «Galleria Vittorio Emanuele». Scavato in tutta fretta nell’autunno 1917 quando sembrava che l’esercito italiano fosse davvero un naufrago in procinto di annegare, il sistema fortificato del Grappa, con i suoi cinque chilometri interamente scavati dentro la montagna, era in grado di ospitare fino a 15mila uomini ed era protetto da decine di mitragliatrici e da un centinaio di pezzi di artiglieria. Un’intricata fortezza invisibile e temibile. E ancora oggi, per chi si avventuri nei suoi corridoi, un’esperienza fondamentale per comprendere la realtà di una guerra per la cui vittoria l’Italia deve ringraziare molto di più funzionari, tecnici e ingegneri che poeti, politici e generali.
Ma il segno della memoria per eccellenza è il Sacrario del Grappa, il cui mastodontico profilo, visibile a chilometri di distanza, ricopre (e per certi versi completa) l’immagine di un monte assorbito completamente dal suo ruolo simbolico. Quando venne inaugurato, il 22 settembre 1935, era un inno alla grandezza eroica della nuova Italia fascista, uscita più grande e più forte dalla lunga prova della guerra. I suoi cinque colossali gradoni a cerchi concentrici, in cui erano stati collocati i loculi con i resti dei caduti, avvolgevano la cima del monte ricordando nemmeno troppo vagamente una fortezza, e la Via Eroica, che conduce al sovrastante “Portale di Roma” correndo tra 14 cippi in pietra ognuno dedicato ad una delle battaglie combattute nei dintorni, era un itinerario mentale e simbolico che doveva trasmettere al moderno pellegrino l’orgoglio per le grandi vittorie. Seguendo il cammino obbligato dal basso verso l’alto, i visitatori venivano (e vengono) coinvolti in un’ideale ascensione dalle tombe (primi quattro livelli) al cielo aperto (ultimo livello e cima della montagna), dalla morte alla gloria. E per non lasciare adito a dubbi sul significato bellicoso e trionfale del monumento, il giorno dell’inaugurazione le autorità e la folla giunta dalla pianura vennero accolti da due statue ciclopiche: un fante di guardia, alto oltre tre metri, sovrastato e quasi vegliato da una gigantesca statua (dodici metri) che avrebbe dovuto rappresentare «l’Italia fascista». Le due statue scomparvero subito dopo l’inaugurazione e non vennero mai più ritrovate, un’ottima rappresentazione della disciplina e del furore guerriero degli italiani dell’epoca.
Il corpo centrale del monumento, dove sono custoditi i resti mortali di 12615 Caduti, di cui 10332 ignoti, è costituito da cinque gironi concentrici, ciascuno alto quattro metri e circoscritto da un ripiano circolare largo dieci. Le spoglie dei Caduti identificati sono disposte in ordine alfabetico e custodite in loculi individuali, coperti da lastre di bronzo. Quelle dei 10332 ignoti sono raccolte in urne comuni più grandi, che si alternano alle tombe singole. Sulla sommità del monumento sorge un sacello, Santuario della Madonnina del Grappa.
Tra il 4° e il 5° girone, in posizione centrale, c’ è la tomba del generale Giardino, che prima di morire aveva espresso la sua volontà di essere sepolto lassù tra i suoi soldati. La Madonnina del Grappa, benedetta dal cardinale Sarto, poi Papa Pio X. Ora è meta di devoto pellegrinaggio la prima domenica di Agosto. Il portale Roma che sorge al termine della via Eroica è stato progettato e costruito dall’architetto Alessandro Limongelli. Sopra al portale Roma è stato ricavato un osservatorio dal quale è possibile osservare l’ampio panorama circostante e i punti di maggiore interesse storico. Nel settore a nord-est del Portale Roma, sono state riunite le spoglie di 10295 caduti austro-ungarici.
tratto da vari siti sul Monte Grappa
Ora dopo questa introduzione sul massiccio del Monte Grappa che invito tutti a visitare, vi lascio per curiosare, qualche foto. Inutile dirvi quante volte ho percorso la strada che porta fin sulla cima, quante volte sono entrata nella cappella della Madonnina del Grappa. Il Monte Grappa vive e vivrà per sempre nei miei ricordi. Un’ affezione particolare mi lega a questo luogo di memoria, iniziata quando mio padre qui ci portò la prima volta. I poveri resti di migliaia di soldati sono lì a testimoniare la bruttura di tutte le guerre e ricordarne il sacrificio per amor di patria, è un dovere che da italiani non va mai dimenticato. Ora una piccola poesia interpretando lo spirito dei nostri di allora, combattenti.
Noi del Grappa
Noi siamo i soldati
del Grappa.
Quelli che
bloccheranno il nemico.
Non avanzerà.
Non potrà mai
occupare
le nostre terre.
Fischia forte
il vento
quassù.
Il freddo
è pungente.
Ma nulla
potrà,
contro di noi.
Resisteremo,
non abbasseremo
la nostra testa.
Il nemico
ancora non sa
chi ha davanti.
Saremo noi tutti
a fermarlo,
con il nostro coraggio
e amor di Patria.
Viva l’ Italia,
la nostra terra,
sempre.
Isabella Scotti giugno 2019
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
Per voi la canzone del Grappa
Monte Grappa tu sei la mia Patria,
sovra a te il nostro sole risplende,
a te mira chi spera ed attende
i fratelli che a guardia vi stan
Contro a te già s’infranse il nemico
Che all’Italia tendeva lo sguardo,
non passa un cotal baluardo
affidato ad italici cuor.
Monte Grappa tu sei la mia Patria,
sei la stella che addita il cammino,
sei la gloria, il volere, il destino,
che all’Italia ci fa ritornar!
Le tue cime fur sempre vietate
Per il pié dell’odiato straniero.
Dai tuoi fianchi egli ignora il sentiero
Che pugnando più volte tentò.
Qual candida neve che al vento
Ti ricopre di splendido ammanto
Tu sei puro ed invitto col vanto
Che il nemico non lasci passar.
Monte Grappa tu sei la mia Patria…
O montagna per noi tu sei sacra,
giù di lì scenderanno le schiere
che irrompenti a spiegate bandiere
l’invasore dovranno scacciar.
Ed i giorni del nostro servaggio
Che scontammo mordendo nel freno
In un forte avvenire sereno
Noi ben presto vedremmo mutar.
Monte Grappa tu sei la mia patria…
Interessantissimo il tuo post ma troppo lungo….scusami ma potrebbe essere non letto da tutti. ❤
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In realtà volevo dividerlo ma non sapevo da che punto interromperlo. poi sempre distratta da cento cose compreso il telefono, ho fatto click e via ho pubblicato. Cercherò di stare più attenta. Anche altre volte mi è capitato. Comunque anche qualche post che ho letto in Francia, di Egyzia era lunghetto ma forse non quanto il mio. Grazie e perdonami. Un abbraccio e alla prossima. Isabella
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Si Egyzia pure esagera…ma non preoccuparti. Chi vuole legge ❤ <3<3
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Me lo auguro. Un abbraccio cara Jane. Isabella
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grazie per il post. anch’io ho avuto nuova ispirazione …… ciao Isa 🙂
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Grazie a te cara Titti. Tutto bene ? ti abbraccio. isabella
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Molto bene, grazie… anche tu?
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Mia cara ora benino perchè la vita va avanti ma durante il lockdown abbiamo vissuto in famiglia un dolore indescrivibile. Mio fratello ha perso il figlio, mio nipote quindi, di 35 anni per tumore al pancreas. Da quando è entrato in ospedale non l’ho visto più. Cinque mesi di telefonate orribili che raccontavano del suo peggioramento fino alla sua dipartita. un trauma per tutti noi. Era un ragazzo speciale. Ho scritto tanto su di lui. Ti lascio qui dei link per fartelo conoscere come faccio per sfogo con tutti. Scusa la mia invadenza , ma ciò mi aiuta a tenerlo vivo. Grazie. Un abbraccio. Isabella
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Mi dispiace così tanto, cara Isabella 😥
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Grazie cara Titti
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Grazie a te, cara Isa🌹
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https://isabellascotti.wordpress.com/2020/10/31/ti-cerco//
https://isabellascotti.wordpress.com/2020/09/10/il-tempo-e-galantuomo-dicono//
https://isabellascotti.wordpress.com/2020/08/18/ora-tutto-e-compiuto//
https://isabellascotti.wordpress.com/2020/08/30/auguri-caro-ricky//
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Grazie!🌹
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Splendido ed esaustivo, questo Vs articolo, nobile monna Isa: l’ho letto con grandissimo piacere e curiosità.
Un grazie con una carezza di plenilunio.
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E’ un luogo di storia unico. Sapeste quante volte , fin da ragazzina, sono andata a rendere omaggio a tutti quei morti. Sia d’estate che nei mesi in cui ancora c’ era la neve. Vi assicuro che vale la pena salire fin lassu’. Comunque manca ancora qualcosa. A breve ci sarà un altro post. Mi auguro che verrete ancora incuriosito a vedere di cosa si tratta. Per ora vi abbraccio forte mio caro messere. Monna Isabella
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Grazie per il vostro commento
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